Maap, l'ex presidente Saia: «Tante irregolarità nel mercato agroalimentare, ho denunciato tutto»

Mercoledì 1 Maggio 2024 di Gabriele Pipia
Il Maap

PADOVA - Ogni frase un'accusa, ogni parola un macigno. Lo scorso giugno Maurizio Saia aveva lasciato la presidenza del Maap (il Mercato AgroAlimentare di Padova) denunciando pubblicamente diverse irregolarità nella gestione della struttura. Oggi, alla luce dell'inchiesta della guardia di finanza di Treviso che vede 30 imprenditori indagati e 29 aziende coinvolte, torna a farsi sentire. Ha letto tutti i dettagli su quella frode da 18 milioni di euro messa in atto per mascherare l’esternalizzazione illecita dei facchini e ora ripercorre i suoi quattro anni da presidente. 

Dieci mesi dopo la sua uscita, qual è il suo primo commento?
«Rabbia e delusione.

Avevo avviato un grande percorso di legalità realizzato portando al Maap uno dei migliori consulenti italiani in materia (Antonio Assirelli, ndr) ma l’amministrazione ha fatto solo finta di supportarmi. E alla fine era infastidita perché non avevo creato un buon clima con una parte dei grossisti».

Quali irregolarità scoprì?
«Di tutto e di più. Dalla banale gestione degli spazi, con multe da 100 euro che alcuni grossisti si rifiutavano di pagare, ad aspetti ben più gravi come assegnazioni di affidamenti senza gare per milioni di euro. Ho cercato di risanare queste situazioni e l’amministrazione comunale è sempre stata informata dettagliatamente di tutto. Nell’aprile 2023 ho segnalato tutto alla guardia di finanza e alla Procura con un esposto. L’ho fatto per tutelarmi, visto che ero il responsabile legale». 

Può fare altri esempi?
«Al Maap dovresti chiedere l’autorizzazione alla direzione anche solo per piantare un chiodo, invece per 30 anni ci sono stati abusi edilizi di tutti i tipi. Eravamo fuorilegge per la normativa antincendio per mancanza da decenni di manutenzione e abbiamo dovuto spendere oltre 200.000 euro di soldi pubblici per ripristinare tutto. E il solito paio di grossisti mi derideva: “Cossa vuto che ciapi fogo...”. Intanto però prendeva fuoco il mercato di Parigi».

E poi?
«Ho trovato poca trasparenza sulle gare e irregolarità sulla ripartizione dei costi. C’erano decine di migliaia di euro di bollette dell’acqua che da anni alcuni grossisti non pagavano. Quei soldi venivano pagati dai soci pubblici, quelli di Comune e Camera di Commercio». 

Altre segnalazioni?
«La gestione degli accessi era risibile e senza controlli veri. Non funzionavano molte telecamere e i controlli dei pass erano decisamente carenti. Di continuo poi c’erano furti o incidenti ma la videosorveglianza non supportava i controlli. E poi c’era un altro tema: un grossista non dovrebbe avere più di dieci posteggi per evitare di essere dominante e mangiarsi il Maap. Io ho provato ad aggiornare il regolamento su questo punto, ma il Comune non mi ha supportato». 

L’ultima inchiesta è partita dal suo esposto?
«No, l’inchiesta è partita perché io fin da quando ero stato nominato presidente avevo segnalato all’Ispettorato del lavoro diverse perplessità sulla gestione interna dei lavoratori. Ricordo bene un maxi controllo di tre giorni fatto all’inizio del 2023 con Finanza e Spisal. Quel blitz evidentemente ha portato ad indagini più approfondite».

La prima inchiesta è emersa a novembre. Ventuno lavoratori bengalesi di tre cooperative sarebbero stati sfruttati da due caporali. 
«A fine 2022 i Cobas mi avevano chiamato per dirmi che i lavoratori avevano denunciato alla Finanza tutto e io ho sostenuto in pieno la causa. Anche questo ha infastidito l’amministrazione». 

Ora invece è la volta dei falsi appalti. Irregolarità fiscali legate all’impiego del personale...
«Avevo capito presto che c’erano lavoratori in nero. Certo, se fai il presidente che va lì una volta a settimana per firmare le carte in ufficio vedi ben poco. Ma io ero dentro il mercato sempre, parlavo con tutti e ho scoperto di tutto. Un giorno stavo in portineria e ho visto arrivare un furgone con nascosto nel cabinato un lavoratore di colore. C’erano tante situazioni poco chiare...». 

Il suo successore Liccardo evidenzia l’estraneità del Maap e sottolinea che i rapporti tra le aziende e le cooperative fornitrici di facchinaggio sono di natura privatistica. 
«Il regolamento parla chiaro: c’è un obbligo di controllo e vigilanza anche sui rapporti di lavoro, non basta prendere le distanze. Non si può avere un atteggiamento pilatesco come già avvenuto con l’inchiesta sul caporalato. Non ci si può limitare ad amministrare la luce e l’acqua come se il Maap fosse un banale condominio». 

E il Comune? 
«Con i dirigenti, in particolare con il settore Patrimonio, ho sempre avuto un ottimo rapporto. Ma la parte politica si è dimostrata infastidita dal mio modo di fare il presidente». 

Si rapportava direttamente con Giordani? 
«No, con Tosetto (manager consulente del sindaco, ndr) con cui i rapporti son stati costanti fino a sei mesi prima della fine del mandato. Il sindaco non è stato un interlocutore diretto. Nell’ultimo anno ha incontrato decine di volte i soliti noti senza quasi mai coinvolgermi. E io non ho mai avuto un’interlocuzione con l’intero Consiglio». 

Si dice che lei sia stato fatto fuori dai grossisti.
«Non mi sento “fatto fuori”, tutti i presidenti fanno solo un mandato. Di certo a due o tre grossisti di peso ho dato molto fastidio, ma dalla maggior parte ho avuto collaborazione e rispetto». 

Gran parte della politica mormorava: il centrosinistra ha nominato Saia al Maap come ricompensa per aver fatto cadere la giunta Bitonci.
«Bitonci dopo due mesi sarebbe caduto da solo. E poi, quale ricompensa? Io da anni lavoro in Albania con le mie società informatiche e quello al Maap è uno stipendio modesto, meno di 1.500 lordi. La ricompensa l’ho data io a loro, facendo il favore di andare a gestire quella società e risolvendo una montagna di problemi».

Ultimo aggiornamento: 08:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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